Cicerone: il bene prezioso della vocazione
- Fiorenza Galeotti
- 9 giu 2019
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 22 set 2020
La senilità è il momento in cui il nostro splendore si espande.
Ognuno di noi nasce con un daimon, una vocazione da realizzare nella propria vita.
Chi è fortunato lo intuisce nei primi anni dell'infanzia o dell'adolescenza e riesce a seguire la propria ispirazione fuori dagli schemi che la la società gli impone.
Più spesso accade di veder fiorire la propria natura a metà del cammino, dopo varie esperienze che fanno maturare questa nuova veste di saggezza.
In altri casi capita di non realizzare mai la propria vocazione e allora la natura si ribella: mentre il corpo inizia ad esaurire le sue risorse, l'anima inizia a farti sentire e a diventare eccentrica, forse anche un pò folle secondo l'opinione comune.
Ecco, questa cosiddetta follia non è nient'altro che la natura divina di quella vocazione negata nella prima fase della vita, che vuole uscire e finalmente seguire la propria vocazione.
Cicerone, nelle Tuscolane , ci ricorda che l’equilibrio naturale è un processo che riusciamo a raggiungere solo dopo esserci liberati da tutte le contaminazioni di opinioni familiari, relazionali, popolari che permeano nella nostra mente e ci allontanano dalla nostra vera natura:
“Di fatto, non appena siamo venuti alla luce e siamo stati accettati nella famiglia, subito ci troviamo circondati da storture e opinioni.
Quando poi dai genitori siamo affidati ai maestri, la varietà degli errori in cui siamo immersi è così completa che la verità lascia il posto a ingannevoli illusioni.
Sopravvengono poi i poeti, i quali lasciano nello spirito un’impronta indelebile.
Quando infine, sotto l’aspetto di eminente maestro, vi è aggiunto anche il popolo e la moltitudine tutta concorde nella propensione ai vizi, allora sì, siamo completamente contaminati dalle opinioni perverse e ci stacchiamo dalla natura”

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